"RadioLibrArte" la rubrica a cura di Giacinto di Pietrantonio in cui si parla di libri d'arte e/o intorno all'arte. Ma a pensarci bene, come fa il "sistema dell'arte" a funzionare se è proprio il "sistema Italia" che dimostra i suoi limiti? Cosa deve fare un giovane artista italiano ai nostri giorni? E il curatore? E il gallerista? E il collezionista? E i musei che fanno? Ce lo racconta Giulio Alvigini attraverso uno spaccato irriverente e ironico sul sistema dell'arte contemporanea e sugli attori che lavorano al suo interno, tenendo presente anche le nuove criticità emerse con la crisi generale vissuta nel 2020. Ecco perché, questo (semplice) libro d'artista vi svelerà più cose di un indagine del MiBact. La redazione di questo libro - dodicesimo titolo della collana "Sartoria editoriale" - è stata realizzata dalla classe di Arte e Web del Corso di Laurea Magistrale in Arte, Valorizzazione e Mercato allo IULM di Milano (a cura dei docenti Anna Manzato, Gianni Romano e Massimiliano Tonelli) e la disponibilità dell'autore a trattare ogni singolo aspetto della lavorazione del libro con gli studenti. Redazione: Melania Andronic, Sara A. Ausilio, Cristina Badelita, Silvia Baschirotto, Giulia Crippa, Francesca Elia, Ginevra Garroni, Lavinia Guerra, Fabio Ippolito, Maria Stefania Lo Porto, Carmen Marcianò, Fulvia Messina, Lucrezia Paris, Lucia Sabino, Elena Santi, Lara Tasso, Luigi Todaro, Valentina Trongadi. Promozione e marketing: Beatrice Biason, Valentina Chierichetti, Sara Giordano, Elvira Perlingieri, Samuela Soldan, Lorenzo Vanda. Il libro che state sfogliando non è un Manuale per giovani artisti, semmai è un "libro d'artista" che finge di essere un Manuale per giovani artisti; che è anche una raccolta di battute, meme; che è soprattutto il mio personale sguardo sul sistema artistico; che al mercato (dell'arte) mio padre comprò... Nello specifico, potrei accorgermi in queste pagine di aver testimoniato soltanto dei comportamenti che, a causa di concreti motivi di sopravvivenza, non potranno più essere messi in pratica. Per esempio nel momento in cui delineo le modalità di approccio e accoppiamento durante un opening. [ Giulio Alvigini ] Contro le Accademie, le cartelle stampa, i padiglioni invisibili della Biennale... «Sì, il mondo dell'arte è proprio vecchio: demenzialmente incapace di aprirsi a una società che cambia troppo velocemente per potersi permettere di risolvere problemi nuovi con soluzioni stantie. Vecchio perché prodotto da una struttura economica e orizzonte di pensiero fallimentari e logori. Vecchio perché inappropriato nel produrre modelli capaci di rispondere agli stimoli e alle necessità del futuro». È la conclusione cui giunge il giovane - 25 anni - Giulio Alvigini. Per certi versi lui è un artista, nel senso che applica la propria creatività in azioni vagamente estetiche. Sicuramente sa come funziona la comunicazione e lo testimonia la sua pagina Instagram «Make Italian Art Great Again», in rete dal 2018 (14mila follower), dove rielabora in maniera caustica e irriverente il linguaggio dei meme che colpisce duro su almeno due punti: il cosiddetto sistema dell'arte che precede nei ragionamenti, quanto a importanza, l'arte stessa; il trasferimento sui social di personaggi e contenuti nati in tutt'altro contesto, ma che oggi devono condividersi su larga scala, pur senza una precisa necessità. Chi accetta la sfida del web è chiamato ad agire sulla cronaca. In uno dei suoi ultimi post su IG - l'estetica del meme è la combinazione, spesso surreale, tra immagine e parola- Alvigini scrive: «il primo sintomo è la perdita del gusto». Si pensa al Covid e poi vediamo riprodotte quattro brutte opere prodotte in questi anni - la Mela di Pistoletto davanti alla Stazione Centrale di Milano, la poltrona tettona di Gaetano Pesce in piazza Duomo sempre a Milano, le braccione di Lorenzo Quinn a Venezia, l'autoscatto di Ai Weiwei nella posa del bambino siriano morto sulla spiaggia. E ora di Alvigini Postmedia pubblica il libro Manuale per giovani artisti (italiani semplici). Meme e sistema dell'arte italiano. Alvigini lo ha scritto nei mesi scorsi, mentre altri si dilettavano con scemenze tipo mettere la mascherina a opere celebri della storia dell'arte oppure raccontare su IG il diario della propria clausura: la fiera fisica è stata sostituita dalla fiera del chissenefrega (virtuale). Dopo aver letto i consigli del giovane Alvigini per abbordare il sistema dell'arte e sperare nel successo, il giovane aspirante ne avrà ancora voglia o avrà perduto le ultime speranze? Le bordate in ogni caso non risparmiano nessuno: frequentare l'Accademia è utile solo per scoprire cosa non si deve assolutamente fare, le gallerie sono in crisi ma sono comunque meglio degli spazi indipendenti privi di identità e non necessari. Se la prende poi con i comunicati stampa infarciti di citazioni (da Deleuze & Guattari all'immancabile Calvino), con l'insignificanza di alcune espressioni gergali, una per tutte «interessante», ma cosa vorrai mai dire, e poi il curriculum, lo statement, i padiglioni più invisibili alla Biennale che vincono premi perché nessuno li ha visti. Attento a non fare troppi nomi e cognomi, perché un conto è sorridere, un altro ricevere la lettera dall'avvocato. [ Luca Beatrice, Il Giornale, 21 gen. 2021 ] Ho fatto questo libro perchè non avevo più niente da dire. [ Lorenzo Vanda, Intervista a Giulio Alvigini su Artribune, 5 dic. 2020 ] POSTMEDIA BOOKS, CHIAMAMI! Giulio non è un net artist e così come utilizza, a suo piacimento, il linguaggio dei meme e così come produce e assembla gli oggettini (lui stesso li definisce così) artistici che solitamente espone, si è adesso lanciato nella stesura di un saggio che non è un saggio. Di un testo che non è un testo. Di un manuale che non è un manuale. E si ritorna alla frase di apertura di queste non-non-definizioni… Insomma, ha realizzato un libro d'artista che può essere tutto, e mai niente. Ed effettivamente, leggendolo, ci può sembrare davvero di trovarci di fronte a un'attività performativa, mediale e mediatica.... [ Federico Palumbo, su Osservatorio Futura, 9 dic. 2020 ] Giulio Alvigini sa essere terribilmente noioso. Con lui si possono passare ore e ore a parlare di linguistica e di "memetica", tematiche che solo Federico Zeri avrebbe saputo rendere divertenti. Questo 2020, oltre a nuove competenze digitali, ci ha regalato due libri importanti per un giovane artista italiano semplice: Memestetica. Il settembre eterno dell'arte di Valentina Tanni e Teoria del lavoro reputazionale di Vincenzo Estremo; Giulio li ha letti e riletti entrambi, tediato gli amici sul tema, non ha solo pubblicato la copertina del libro in formato storia instagram, come tantissimi insider. Poi, è uno Shazam dell'arte, sfiora la paranoia quando parte a elencare date e mostre. Se ne dimentica una, è la fine, si isola nel suo mondo nerd fino a quando non trova la soluzione. Poi, è bravo ma se ne frega, nel suo processo estetico e di comunicazione abbandona ogni conoscenza e competenza per riversare la rete di battute da opening che, certo, poteva fare quasi chiunque. Anzi, peggio, battute volutamente pressapochiste, sempre irritanti, con un sottofondo malinconico. Il suo è il ruolo del Giullare, di chi sfotte il sistema facendone parte, valvola di sfogo di un mondo dell'arte poverissimo di competenze e ricco di giudici. Alla fine, in Italia, siamo tutti allenatori della nazionale ed esperti d'arte. _ dalla prefazione di Marco Roberto Marelli